Il tergivetro
Curiosità: la storia di Ettore Steccone è quella di un giovane originario di Maggiolo, nel Comune di Mongiardino Ligure, in provincia di Alessandria, alta Val Sisola tributaria della Val Borbera, che decide di andare a cercare fortuna in America per coltivare il sogno di un futuro migliore, diverso da quello che la vita sembra riservare.
Nel 1922, a 26 anni, Ettore Steccone decide di partire per la “Merica”, come venivano chiamati allora gli Stati Uniti dalla gente comune.
Ha frequentato la scuola fino alla terza elementare, è creativo e intelligente, un ragazzo calmo e preciso. Diventato falegname, i compaesani ricordano ancora come senza conoscere i trucchi del mestiere riescisse a realizzare serramenti perfetti, soltanto guardando come erano fatti gli altri. Combatte per quattro anni nella Grande Guerra del 1915-18 ottenendo, a guerra finita, il titolo di Cavaliere di Vittorio Veneto.
Gli anni del dopoguerra sono difficili ma Ettore, consapevole di avere idee e talento, nel 1922 decide di partire per l’America e sbarca a New York e in seguito arriva a Oakland, in California.
Qui intraprende numerosi lavori per mantenersi: dal fioraio, al fruttivendolo, a portiere e lavavetri, e sarà proprio questo ultimo mestiere che cambierà radicalmente la sua vita facendogli raggiungere il successo. Fonda infatti una piccola impresa in proprio e continua a lavorare duro, coltivando le proprie intuizioni.
Dopo 10 anni, nel 1932 torna in Italia dalla famiglia e si ferma per un breve soggiorno durante il quale si sposa con Emma, una sua cugina di Camincasca, bellissima e più giovane di 17 anni.
Nel novembre del 1932 tornano in California e si dedicano entrambi al lavoro di portieri e lavavetri dividendosi i compiti: Ettore fa il portiere e lava l’esterno delle finestre, Emma lava l’interno e fa pulizie negli uffici e negli appartamenti.
Svolgendo il suo lavoro di lavavetri Ettore si rende conto che gli attrezzi che utilizza non danno risultati soddisfacenti: all’epoca si usavano pesanti asciugatori in metallo chiamati tergivetro “Chicago”, dalla città dove vengono prodotti, con l’aggiunta di spatole in setole di cinghiale e spugne naturali, molto pesanti, ingombranti e scomodi. Per questo motivo Steccone impiega il suo tempo libero nel progettare un nuovo attrezzo che gli permetta di asciugare i vetri bene e velocemente trascorrendo notti insonni insieme alla moglie per ottenere il suo scopo. Il risultato di tanto lavoro è un tergivetro leggero, con un’impugnatura in ottone lucido e una lama in gomma affilata e facilmente sostituibile.
Nel 1936 ottiene il brevetto del nuovo utensile che inizialmente chiama “New Deal”, in onore della politica che Franklin D. Roosevelt sta attuando per migliorare la vita degli americani.
Però la strada verso il successo è difficile: c’è diffidenza verso un immigrato italiano, ritenuto analfabeta. Inoltre incontra innumerevoli difficoltà ad avere dalle fabbriche di gomma, elemento indispensabile nella sua invenzione, un prodotto dalle caratteristiche tali da potere ottenere ottimi risultati. Un’altra difficoltà consiste nel distribuire la sua nuova invenzione sul mercato: Ettore non vuole indebitarsi per finanziare un team di rappresentanti che distribuiscano il suo prodotto: fino a quel momento egli ha diffuso la sua invenzione facendola provare ai suoi colleghi, ma in questo modo non può diffonderla sul mercato.
Decide quindi di farla conoscere al più grande grossista di articoli per lavavetri del paese: J. Racestein Co, che si trova a New York. Racestein boccia il nuovo tergivetro dicendogli che non sarebbe mai riuscito a venderlo e che nessuno l’avrebbe utilizzato. Ferito nell’orgoglio Ettore gli lancia una scommessa: entro un mese la compagnia farà un ordine per il suo nuovo tergivetro, e il vincitore riceverà il più bel cappello da uomo che il denaro possa comprare. Per vincere la scommessa inizia a girare tutta Manhattan facendo provare l’attrezzo a tutti i lavavetri professionisti i quali, rendendosi conto della sua praticità e dell’ottimo funzionamento, gli chiedono di acquistarlo: Steccone gli risponde di rivolgersi alla J. Racestein Co. Risultato: nel giro di un mese gli viene fatto un ordine di 2000 dollari, gli viene richiesta la spedizione immediata e gli viene fatto recapitare un magnifico cappello Borsalino!
A questo punto bisogna far fronte agli ordini per cui Ettore fonda la sua prima fabbrica nel garage della sua casa di Oakland e, insieme alla moglie, si occupa della maggior parte della produzione: lui lavora alle presse, cambia dadi e assembla i prodotti, mentre Emma taglia ed ispeziona a mano ed una ad una ogni lama in gomma, tagliando via le imperfezioni per lasciare solo una striscia di gomma dal taglio netto. Per potere sostenere la nuova attività continuano a lavorare la notte come portieri e raccogliendo scatoloni di scarto per poterli utilizzare come imballaggio per spedire i tergivetro ai clienti.
Ma le difficoltà non sono ancora finite: dapprima lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che fa fermare l’attività a causa del razionamento e delle tasse del materiale, poi la perdita del brevetto e del diritto di usare il suo nome sul prodotto a causa della sua inesperienza in materia legale. Terminata la guerra Ettore intraprende una lunga battaglia legale che gli permette di riottenere l’uso del nome, seppure con alcune limitazioni.
Nel 1957 inizia la produzione su larga scala dell’attrezzo, infatti Ettore e Emma abbandonano il vecchio garage per fondare la prima fabbrica con un piccolo numero di dipendenti. Superando con caparbietà tutte le difficoltà e senza mai ricorrere a prestiti di denaro, Ettore alla fine degli anni ’50 riesce ad esportare il suo prodotto anche sul mercato europeo.
I due coniugi però non dimenticano la loro amata terra e ogni due o tre anni vi ritornano facendosi apprezzare per la loro generosità verso i compaesani: doneranno persino 6 milioni e mezzo di lire, una cifra enorme per quell’epoca, alla Chiesa di S. Giovanni Battista situata a Maggiolo per far rifare il tetto, il pavimento, l’intonaco e altri lavori.
All’inizio degli anni ’60 gli affari vanno talmente bene che Ettore progetta la seconda fabbrica e assume personale con più esperienza negli affari e nelle ricerche di mercato per far crescere ulteriormente la sua attività.
Negli anni ’70 insegna tutti i trucchi del mestiere alla figlia Diana e al genero Michael Smahlik per prepararli al passaggio di consegne; gli eredi amplieranno la gamma degli attrezzi di alta qualità per la pulizia delle finestre. Attualmente la “Ettore Products” ha uffici e magazzini ad Amsterdam e Shanghai, e guidata da Michael Smahlik, vende i suoi prodotti in 40 paesi in tutto il mondo.
Ma anche quando la fabbrica è gestita dalla figlia e dal genero Ettore si presenta al lavoro ogni giorno alle 8 del mattino, fermandosi sino alla chiusura e incontrando tutti, continua a tenersi impegnato armeggiando con viti, bulloni e altro materiale nel retro della fabbrica e ogni venerdì non dimentica di spazzare il pavimento della fabbrica nella sua immancabile divisa da lavoro, abbigliamento per il quale a volte i venditori lo scambiano per il portinaio.
Dopo una lunga malattia, Ettore Steccone si spegne nel 1984, all’età di 87 anni, seguito nel 2003 da Emma.